(ANSA) - ROMA, 26 GIU - Molto più che la bella musa del
grande Picasso. Pittrice,intellettuale, animatrice appassionata
del Surrealismo, Dora Maar (1907-1997) è stata una raffinata e
geniale fotografa, amica di Henri Cartier-Bresson e Brassaï. Nei
lunghi anni della sua tormentata relazione con il geniale e
narcisista pittore, lo ha ritratto tante volte, pose quotidiane,
scatti di 'normalità', ora seduto in poltrona, ora sulla
spiaggia, sotto l'ombrellone. Dopo la morte, avvenuta senza
eredi nel 1997, la sua produzione si è purtroppo in gran parte
dispersa. Una grande antologica in mostra a Parigi, Londra e Los
Angeles nel 2019 ne aveva già messo in luce originalità e
talento. Ora altri 750 cliché dei suoi lavori, quasi tutti
inediti, andranno all'asta domani e martedì a Parigi da
Artcurial, divisi in 400 lotti. E la vendita diventa anche
un'occasione per mettere in luce il talento a tutto tondo di una
donna la cui arte è rimasta troppo a lungo confinata all'ombra
del Minotauro, ridotta al rango di musa e amante, conosciuta ai
più per i ritratti, celeberrimi che le fece Picasso, come La
femme qui pleure.
Fortemente impregnata di surrealismo, la sua opera fotografica
esalta spesso l'onirico, l'assurdo. Ma da questi suoi scatti,
che tratteggiano vent'anni della sua carriera, tra il 1920 ed il
1940, emerge un racconto al tempo stesso intimo e sociale. Sono
ritratti e autoritratti, scene di strada immortalate nelle vie
di Parigi o di Barcellona o di Londra, fotografie di moda. Nata
a Parigi nel 1907, al secolo Henriette Theodora Markovitch, Dora
era figlia di un architetto e seguendo il lavoro del padre aveva
trascorso parte dell'infanzia e dell'adolescenza in Argentina.
A Parigi era tornata diciannovenne nel 1926, decisa ad
intraprendere una carriera artistica. La vulgata dice che
Picasso si invaghì di lei dopo averla notata seduta al tavolino
di un bar, Les deux Magots mentre giocava con un coltello. Con
lui furono nove anni d'amore, non sempre felice, per lei forse,
vittima del narcisismo di lui sempre pronto a nuove conquiste,
una relazione che oggi si definirebbe tossica. Queste immagini
in bianco e nero così ardite e raffinate nella costruzione
surrealista (come quella per esempio che ritrae una sedia
piccola piccola, appena illuminata al centro di una grande
stanza buia dal fascio di luce che filtra da una mastodontica
tenda) o così umane e quotidiane come nei ritratti di Picasso,
rendono giustizia alla sua personale grandezza. Un'artista, come
sottolinea Bruno Jaubert, per Artcurial, "che ha saputo dare
vita ad un'opera del tutto personale, esprimendosi attraverso un
medium, la fotografia, che Picasso non ha mai approcciato. E che
si dimostra qui come una delle fotografe più originali della sua
epoca". (ANSA).
